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TABOO QUEER 17 Aprile ore 16:30 Teatro Ringhiera
QUEER FESTIVAL Teatro Ringhiera
DOMENICA 17 aprile ore 16.30
TABOO QUEER Il gioco degli stereotipi
Un gioco da piana per grandi e piccoli
Taboo è un notissimo gioco in scatola, che consiste nel provare a far indovinare alcune parole descrivendole senza usarne alcune proibite, appunto tabù. Il Tabù Queer è, invece, un gioco da piazza, in cui oltre che descrivere le parole sarà possibile mimarle o disegnarle, cercando di farle indovinare alla propria squadra per proseguire lungo il tabellone fino alla vittoria. Bisognerà, però, fare attenzione alle caselle ‘imprevisto’, tra le quali spicca la temutissima casella ‘gender’ che ti riporta al punto di partenza.
Anche nel Tabù Queer ci sono delle parole (e dei gesti e segni grafici) proibite: sono tutte quelle che rimandano a degli stereotipi sul genere – ma non solo – che caratterizzano la nostra vita. Ribaltiamo il senso della parola tabù, quindi, che non sarà più qualcosa che si oppone ad una norma, ma quei comportamenti e quelle immagini che riproducono proprio le norme di genere. Se queer è qualcosa che si fa, prima che una teoria o un’identità, proveremo a farlo insieme sulla Piana del Teatro Ringhiera per capire come liberarci dagli stereotipi mettendo in scena l’inaspettato, immaginando nuovi modi di rappresentarci.
INGRESSO LIBERO
Gender is the new Black
Sabato 2 Aprile 2016 siamo state invitate a partecipare attivamente al convegno Gender is the new Black (Un Poco Stranucce)
E’ stata un’esperienza arricchente, i temi trattati molto interessanti e discussi in un vivace dibattito che ci ha regalato tanti spunti di riflessione da riportare nel nostro collettivo per rielaborarli insieme.
Grazie a Arcilesbica Zami Milano Pagina Attiva per l’organizzazione strepitosa!
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GENDER IS THE NEW BLACK
(un poco stranucce)
Dove va chi se ne va dall’eterosessualita’?
due giornate di incontri sul Gender,sulla Gpa,sull’Asessualità e sull’intersessualità…
sabato 2 e domenica 3 aprile 2016
Il convegno si terrà a Sesto San Giovanni (Milano)
Biblioteca Civica Villa Visconti D’Aragona,sala”Talamucci”
Via Dante 6 MM Sesto Rondò
I temi trattati:
Ermafroditismo, DSD, Intersex… proviamo a capirci qualcosa!
Sempre più persone intersessuali stanno facendo il loro coming out in tutti i paesi del mondo. Le loro storie ci interrogano direttamente, in quanto mettono in discussione il modo in cui abbiamo elaborato i binomi natura/cultura, sesso/genere negli ultimi 30 anni. Le loro esperienze, rompendo le costrizioni binarie di maschile e femminile, apriranno nuovi spazi di libertà per tutt*?
Ti desidero ma non mi attrai: l’asessualità
Di fronte all’ipersessualizzazione della persona cis e transgender e al dover essere erotiche, prende la parola la soggettività che osa dire di amare senza provare desiderio sessuale : non si tratta di scelta dell’astinenza, né di disfunzione sessuale, ma di un modo di essere emotivamente soddisfacente che ci sfida a ripensare l’amore
« Libera volpe in libero pollaio », anche sulla Gpa
Il mercato trionfante cerca di ridurre la libertà femminile alla già nota messa in vendita di sé, ora estesa al corpo riproduttivo e alla prole. C’è chi vende perché c’è chi compra, l’umano è merce tra le merci, le gestanti sono salariate per i progetti di genitorialità altrui, si nasce su commissione.
Non è questo che vogliamo.
Il genere come natura, performance, rapporto sociale I soggetti di liberazione da tempo teorizzano e sperimentano il dissolvimento dei ruoli di genere e delle identità in quanto costruzioni culturali oppressive, ma qualcosa della differenza femminile si salva? Intanto non mancano visioni rinaturalizzanti della femminilità e della maschilità, agite e subite non solo da etero, ma anche da lesbiche, gay, trans
PROGRAMMA
Sabato 2 Aprile 2016
ore 10
Apertura del lavori e Saluto di Rita Innocenti, Assessora alla Cultura del Comune di Sesto San Giovanni
ore 10.30-13:00
Il genere come natura, performance, rapporto sociale
I soggetti di liberazione da tempo teorizzano e sperimentano il dissolvimento dei ruoli di genere e delle identità in quanto costruzioni culturali oppressive, ma qualcosa della differenza femminile si salva? Intanto non mancano visioni rinaturalizzanti della femminilità e della maschilità, agite e subite non solo da etero, ma anche da lesbiche, gay, trans
Lidia Cirillo, saggista
Valentina Greco, storica
Luisa Muraro, filosofa
Gruppi di discussione e dibattito
ore 13.00 Brunch
ore 14.30-17
« Libera volpe in libero pollaio », anche sulla Gpa
Il mercato trionfante cerca di ridurre la libertà femminile alla già nota messa in vendita di sé, ora estesa al corpo riproduttivo e alla prole. C’è chi vende perché c’è chi compra, l’umano è merce tra le merci, le gestanti sono salariate per i progetti di genitorialità altrui, si nasce su commissione. Non è questo che vogliamo
Daniela Danna, sociologa
Marina Terragni, giornalista
Milly virgilio,avvocata
Gruppi di discussione e dibattito
ore 17.30-18.30
Azioni genderizzanti
ore 19.00 Aperitivo
ore 20.30
spettacolo teatrale di Sesto Spazio “Love is all you need”
storie di amori e di resistenze
Un percorso di letture sceniche accompagnate da musica dal vivo. tre attrici e un musicista accompagnano gli/le spettatori in un viaggio nel tempo per raccontare a più voci e da diversi punti di vista l’amore e gli amori contemporanei, coraggiosi, sovversivi, resistenti.
Storie di vita, testimonianze storiche, frammenti letterari e canzoni, compongono questo reading teatrale che svela stereotipi e pregiudizi, ancora oggi troppo diffusi, sull’omosessualità, il lesbismo, la bisessualità e la transessualità.
SestoSpazio rappresenta un luogo fisico e un gruppo di artisti, attrici, musicisti, registi, drammaturghe, cantanti, scrittrici che lavorano nell’ambito del teatro e dello spettacolo dal vivo. Lo spazio si trova a Sesto San Giovanni, in via Gioberti 26
Le Attrici LIVIA BONETTI,VIRGINIA ZINI
Il Musicista ORAZIO ATTANASIO
La Drammaturga in scena GIULIA TOLLIS
SESTO SAN GIOVANNI, BIBLIOTECA CIVICA, V. DANTE 6, MM SESTO RONDO’
Assemblea Tito Livio
Venerdì 1 Aprile 2016 abbiamo partecipato all’incontro organizzato dal Collettivo Autonomo Tito Livio, per parlare della Legge Cirinnà.
Siamo state contattate insieme al Professor Lariccia per far luce sul quadro normativo, nonchè etico-morale nel quale si inserisce questa disposizione, che tocca la quotidianità di molti e molte.
Il dibattito è stato molto acceso e gli spunti emersi così tanti, che spesso ci portavano fuori tema.
E’ stato molto arricchente poter discutere insieme di tematiche attuali e ancora non risolte, grazie ai partecipanti che hanno dimostrato molta capacità di analisi e di rielaborazione.
Forse questo pomeriggio abbiamo insegnato qualcosa riguardo la cornice giuridica della Legge Cirinnà, ma sicuramente Ambrosia ha imparato che non bisogna mai smettere di porsi alcuni interrogativi.
I ragazzi e le ragazze che hanno partecipato all’incontro ci hanno ricordato cosa vuol dire non lasciar cadere una domanda. Porre un quesito e non rinunciarvi fino a che non si è trovata una risposta, che sia quantomeno soddisfacente.
Grazie davvero al Collettivo Autonomo Tito Livio per averci invitate.
GPA E MATERNITA’ SURROGATA. Mercificazione dei corpi o autodeterminazione?
18 Marzo 2016 alle ore 21:00
GPA E MATERNITA’ SURROGATA.
Mercificazione dei corpi o autodeterminazione?
Ne parliamo con
LIDIA CIRILLO, di Communia Network e curatrice dei Quaderni Viola
http://www.ilmegafonoquotidiano.it/collane
CRISTINA GRAMOLINI, ArciLesbica Zami Milano
http://milano.arcilesbica.it/
Intervengono:
Collettivo femminista e lgbit*q LE LUCCIOLE
http://lelucciole.noblogs.org/
Collettivo queer AMBROSIA
https://www.facebook.com/ambrosia.milano
Posizioni diverse si sono levate circa il tema della gestione per altri e della maternità surrogata. Tralasciando chi ha espresso opinioni sessiste e bigotte , per lo più inutili al dibattito e alla comprensione delle contraddizioni che il tema solleva, molte e molti hanno preso posizioni spesso forti; da chi ha strumentalizzato il tema rilegandolo alla questione dell’omogenitorialità a chi invece ha cercato di comprendere le complesse intersezioni tra mercato, diritti, autodeterminazione e genitorialità, a chi, infine, ha tentato un approccio più ampio a partire da ‘etica, classe, corpi e neoliberalismo capitalista, proveremo a sintetizzare i discorsi arrivando a sintesi utili per comprendere un tema espressione di una realtà complessa.
A SEGUIRE DJ SET
*** ElectroSwing***
*** Reggae ***
(a breve evento)
a RiMake, (ex Bnl), spazio recuperato autogestito in via Astesani 47, fermata M3 e Ferrovie Nord Affori Nord.
[DDL Cirinnà] L’amore nasce fra persone, non fra sessi
Quasi come “Il Gender”, il DDL Cirinnà fa discutere, spesso e volentieri, a sproposito.
Miti e leggende si susseguono, moniti, anatemi, preghierine.
Una cosa sola è certa: quasi nessuno, a parte probabilmente le persone direttamente interessate, lo ha letto e sanno davvero, nel merito, di cosa tratta.
Noi vorremmo fare un po’ di chiarezza sul punto e, ovviamente, dire la nostra.
Crediamo quindi sia importante, prima di tutto, capire quali siano i temi fondamentali del disegno di legge oltre, ovviamente, esprimere la nostra opinione.
Per cominciare, la legge in discussione non riguarda solo le unioni civili omosessuali, ma è anche la prima legge italiana che prova a disciplinare la convivenza tra persone; siano esse eterosessuali o omosessuali. Dunque questa è una legge che riguarda tutti.
Il DDL infatti, è diviso in due capi:
* il primo capo tratta le unioni civili solo per le coppie same sex, ha cioè il proposito di introdurre nell’ordinamento italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Il testo stabilisce la netta separazione semantica tra “nuove” unioni e matrimonio, introducendo, di fatto, un nuovo istituto di diritto di famiglia.
Vengono poi disciplinate le modalità per la costituzione delle unioni civili, diritti e doveri delle parti, le cause di impedimento, l’estensione delle disposizioni in materia di diritti successori dei coniugi e si stabiliscono, infine, le condizioni per lo scioglimento dell’unione.
* Il secondo capo stabilisce i contratti di convivenza per coppie etero e omosex.
Definisce la convivenza di fatto indipendentemente dall’orientamento sessuale della coppia; stabilisce doveri di reciproca assistenza, diritti di permanenza nella casa comune di residenza, l’obbligo di mantenimento in caso di cessazione; parifica i diritti del convivente superstite a quelli del coniuge superstite; spiega le cause di nullità del contratto di convivenza.
Le questioni fondamentali trattate dal DDL sono sostanzialmente 5:
1.Unione civile per le coppie omosessuali
Le coppie composte da persone dello stesso sesso, come anticipato, potranno usufruire di un nuovo istituto: l’”unione civile”, che avverrà di fronte a un ufficiale di Stato e alla presenza di due testimoni e verrà registrata nell’archivio dello stato civile. Le coppie composte da persone dello stesso sesso non verranno chiamate “famiglie”, bensì qualificate come “specifiche formazioni sociali”.
2. Step child Adoption
Con questa espressione, che quasi nessuno in Parlamento sembra in grado di pronunciare, si indica la possibilità di adozione del figlio del coniuge. È necessario il consenso del genitore biologico e l’approvazione del Tribunale per i minorenni che stabilisce, caso per caso, se l’adozione corrisponde all’interesse del figlio.
3. Cause impeditive
Il decreto Cirinnà prevede una serie di fattori che potranno impedire la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, ad esempio l’interdizione di una delle parti per infermità mentale o la sussistenza di un vincolo matrimoniale o di quello derivante da un’altra unione civile.
4. Diritti e doveri
Il DDL Cirinnà introduce una serie di diritti e doveri reciproci delle parti dell’unione civile tra cui l’obbligo alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Tali diritti e doveri sono regolamentati dal codice civile.
5. Reciproca assistenza
La situazione giuridica dei conviventi di fatto si avvicina a quella delle coppie sposate: vengono riconosciuti diritti di assistenza sanitaria, carceraria, unione o separazione dei beni e reversibilità della pensione.
Nel dibattito pubblico questo Disegno di Legge è stato fonte di grande confusione e gravi fraintendimenti, chiariamo quindi tre concetti:
a) L’adozione del figlio del coniuge non è una novità: esiste dal 1983 (L. 184/1983). Semplicemente, tramite il DDL Cirinnà verrà estesa anche alle coppie omosessuali. (Bambini dunque già esistenti e attualmente privi di tutele).
b) Il disegno di legge non tocca il tema della adozioni tout court da parte delle coppie omosessuali, né da parte di single. Rimane esclusa l’applicabilità dell’istituto dell’adozione. Per le coppie dello stesso sesso unite civilmente non sarà possibile, quindi, adottare bambini che non siano già figli dell’altro o altra componente della coppia.
c) La legge NON tratta il tema dell’utero in affitto, in Italia la pratica dell’utero in affitto è proibita e resta tale come disciplinato dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita (legge n. 40/2004).
Fare chiarezza sui contenuti del DDL Cirinnà ci sembra fondamentale per una ragione ben precisa: spazza via metà del dibattito pubblico italiano intorno a questo tema, un dibattito fazioso e strumentale.
Fatto questo possiamo ragionare insieme sulla portata politica, sull’efficacia, l’urgenza, la bontà di questa proposta di legge; possiamo dividerci, litigare o concordare sui contenuti, su quanto di più o di meno si sarebbe potuto fare, ma non si può e non si deve prescindere da questi punti fermi di analisi del testo.
Non siamo entusiaste del DDL Cirinnà, pensiamo che sia il minimo indispensabile e ci auguriamo venga approvato solo perché attualmente in Italia siamo in una situazione di vuoto legislativo in cui non esiste nessun diritto per le persone omosessuali. Questa consapevolezza però, non ci annebbia la vista rispetto ai limiti di questa legge che, se approvata, molto probabilmente disciplinerà le nostre vite per altri decenni. Come già accaduto in passato (legge 194/1978, legge 40/2004).
Il DDL sancisce per legge una disuguaglianza tra persone omosessuali e persone eterosessuali: gli eterosessuali si uniscono in matrimonio e creano una famiglia, gli omosessuali si “uniscono civilmente” e creano una “specifica formazione sociale”.
Questo significa semplicemente che a seconda dell’orientamento sessuale si è incanalati in un istituto, quello del matrimonio, o in un altro, quello dell’unione civile su base meramente biologica. Il bisogno di creare ex novo un istituto nell’ordinamento italiano appositamente per le coppie dello stesso sesso ci fa sorridere e mostra tutta l’arretratezza delle Istituzioni di questo paese. Va dunque fatta una considerazione sulla “sessualizzazione” da parte dello Stato, crediamo infatti che il diritto a unirsi dovrebbe prescindere dal sesso dei contraenti e dalla relazione (o la mancanza di relazione) sessuale che essi intrattengono (o non intrattengono) fra loro.
Uno Stato laico e moderno dovrebbe astenersi dal mettere il naso nelle mutande e fra le lenzuola dei propri cittadini, si dovrebbe limitare a normare e definire diritti e doveri reciproci di due – o più – persone che decidono di organizzare la loro vita in comune.
Questa proposta di legge, che è stata vista come il male assoluto dalle forze medievali del nostro Paese, pone in realtà ancora grossi problemi di uguaglianza.
In ogni caso, in virtù di questa unione, le coppie same sex non verranno chiamate “famiglie”, bensì qualificate come “specifiche formazioni sociali”. Che suona tanto come categorie sociologiche sotto osservazione.
È ancora lo Stato che si arroga il diritto di stabilire quale composizione sociale meriti il nome di famiglia, è ancora lo Stato che dispone etichette su ogni agire sociale, pensando di poter scegliere le più adatte definizioni. Questo governo, che si appresta oggi, forse, a varare una legge che il resto dell’Europa ha già superato, si pensa innovatore nel concedere diritti alle coppie omo, stando ben attento a non chiamare famiglia quella specifica formazione sociale.
Eppure, se le leggi sono lo specchio della società nella quale sono inserite, queste scelte legislative risultano ancora più incomprensibili. La società è chiaramente pronta, le persone sono pronte, le strade sono pronte. È palese che esiste un freno invisibile posto dal Vaticano e l’Italia, si sa, risiede nella sua provincia.
Nella quotidianità, l’unione civile voluta da questo DDL non è certo una rivoluzione. Quello a cui noi invece puntiamo è un pieno riconoscimento del diritto d’affetto al di là del legame legale.
Il disegno di legge prevede che due persone, con un legame di coppia, che vivono insieme sotto lo stesso tetto, automaticamente e indipendentemente dalla loro volontà, abbiano gli stessi diritti dei coniugi per quanto riguarda le visite in carcere, in ospedale e l’accesso alle informazioni sanitarie. Non ci interessa che la nostra giornata venga normata. In virtù di una non meglio specificata garanzia, rinunciamo a ciò che di più importante ci è rimasto: la libertà di scegliere. Scegliere con chi impegnarsi, scegliere quale valore dare alla propria relazione.
Non si discute di matrimonio o unione civile, bensì della scelta che si ha l’opportunità di compiere in merito all’amore per una determinata persona, o più persone perché no.
Il DDL Cirinnà è una mediazione a ribasso anche per tutta quella parte della comunità lgbtqi che per anni ha chiesto il matrimonio egualitario costruendo campagne di sensibilizzare dell’opinione pubblica basate intorno al concetto di rispettabilità delle coppie omosessuali, campagne che hanno invocato il concetto di italica civiltà.
Come collettive queer trans femministe ci troviamo molto distanti da questo modello, quello dalla famiglia tradizionale basato sulla divisione dei generi in maschile/femminile. Sperimentiamo infatti ogni giorno, sulla nostra pelle, la molteplicità delle relazioni all’interno delle quali ci muoviamo, gestiamo la complessità delle nostre preferenze sessuali e delle nostre identità di genere che sono e restano incatalogabili. Rivendichiamo la possibilità di vivere una sessualità e un’affettività libera e fluida e vogliamo tutele sociali ed economiche che ci permettano di farlo, abbiamo bisogno di essere indipendenti e di autodeterminarci e per fare questo chiediamo un reddito minimo garantito. Vogliamo essere libere di scegliere come riprodurci e come gestire i nostri uteri e la nostra genitorialità, vogliamo essere riconosciute e tutelate in quanto soggettività e non in quanto facenti parte di una coppia. Troviamo infatti assurdo che la riconoscibilità sociale e la rispettabilità passino attraverso il concetto di coppia monogamica e duratura e non attraverso il valore dell’Individuo che costruisce relazioni d’amore, cura e sussistenza.
Quello di cui abbiamo bisogno è di non venire sovrastati da tempi di lavoro totalizzanti ma di poter gestire il nostro tempo liberamente.
Quello che ci auguriamo è che questo decreto legislativo, oltre a varare la tutela e il riconoscimento di tutte le coppie, sia il primo passo verso una nuova politica che in nome dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia sociale tuteli e riconosca tutte le forme di affettività.
Insomma, vogliamo #moltopiùdicirinnà!
Collettivo Ambrosia
Presentazione di ” Sessualità e riproduzione ” di Anglea Balzano e Carlo Flamigni – 15 febbraio alle 19 @Libreria Les Mots
Ambrosia prosegue la riflessione e il confronto intorno al tema dei CORPI IN RIVOLTA
Lunedì 15 febbraio presso la Libreria Les Mots
via carmagnola angolo via pepe, 20159 Milano
h. 19:00
Presentazione del libro
“Sessualità e riproduzione. Due generazioni in dialogo su diritti, corpi e medicina”, Anankelab, 2015
saranno presenti Anglea Balzano e Carlo Flamigni
Il volume è un dialogo tra Angela Balzano, giovane ricercatrice precaria, e Carlo Flamigni, ginecologo di fama internazionale, sulla attuale situazione politica e giuridica nel nostro Paese – anche detto il Paese dei teo-con – a proposito di aborto, fecondazione assitita, obiezione di coscienza, educazione sessuale, nuove genitorialità e mercati della riproduzione.
Con un linguaggio semplice e diretto, senza inficiare il rigore scientifico, gli autori si pongono domande e pro- pongono risposte e soluzioni, rivolgendosi a un pubblico curioso e non necessariamente di specialisti.
Il punto di partenza è che due generazioni lontane tra loro si ritrovano a condividere le stesse preoccupazioni. Nonostante le lotte a favore del diritto all’aborto, della diffusione della contraccezione e dell’educazione ses- suale, dell’istituzione dei consultori, oggi denunciano entrambi un arretramento sul piano dei diritti all’auto- determinazione. Angela Balzano incarna una soggettività che si ritrova a vivere problematiche che si pensavano superate grazie ai risultati delle battaglie portate avanti dalla generazione rappresentata da Carlo Flamigni, circa quarant’anni fa. Le tecniche di fecondazione assistita, poi, sollevano questioni inedite, come le nuove genito- rialità e i mercati della riproduzione, che i due autori indagano mettendo in luce i danni che le intrusioni della morale cattolica nella politica e nella giurisprudenza hanno e stanno causando.
Un punto della situazione per capire cosa è andato storto e cosa si può fare per voltare pagina e riprenderci le nostre vite, i nostri corpi, i nostri diritti.
L’AMORE E’ UNA QUESTIONE POLITICA. Intervista a Federico Zappino
Nel luglio dello scorso anno la Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiesto all’Italia di adottare una disciplina legislativa sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Era chiaro che ormai la riforma non fosse più rinviabile. Per questo motivo, il 6 ottobre 2015, la senatrice PD Monica Cirinnà ha presentato il DDL che verrà discusso il prossimo giovedì 28 gennaio in parlamento, insieme a 6000 proposte di modifica. Articolato in due capi, il primo di essi regola appunto l’unione civile omosessuale come “specifica formazione sociale”, mentre il secondo disciplina le convivenze di fatto, anche eterosessuali. Nel frattempo, numerose associazioni LGBT (Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit) hanno invitato i cittadini a scendere in piazza sabato 23 per una mobilitazione all’insegna dell’uguaglianza. Ad opporsi allo #SvegliatItalia ci sono i soliti sospetti: i sostenitori del Family Day (indetto per il 30 gennaio), il Vaticano con monsignor Nunzio Galantino, il Pirellone, and more to come.
Eppure, nel caos di opinioni, giudizi e pregiudizi, c’è una voce che si staglia fuori dal coro. Questa “voce”, pur dichiarando chiaramente inaccettabile l’attuale condizione di mancanza di tutele specifiche, grida #moltopiùdicirinnà.
Di cosa si tratta esattamente? Cosa rivendica chi sottolinea l’importanza di volgere lo sguardo oltre i diritti – o presunti tali – ottenuti dall’unione civile?Lo abbiamo chiesto allo studioso di filosofia politica, teorie femministe equeer, Federico Zappino.
Le varie istituzioni europee chiedono in realtà da molto tempo, all’Italia, di dotarsi di strumenti di riconoscimento giuridico delle coppie composte da persone dello stesso sesso, come peraltro hanno fatto uno dopo l’altro i vari Stati membri, o estendendo l’accesso all’istituto del matrimonio civile, o istituendo strumenti alternativi al matrimonio. Da un tempo ancora più lungo il parlamento italiano discute proposte di legge in materia di unioni omosessuali, rimaste, com’è evidente, lettera morta. Fu l’Interparlamentare delle Donne comuniste, nel 1986, a inaugurare il dibattito, e possiamo dire che nel corso di questi trent’anni il “dibattito” non è cambiato di molto. Già nel 2006 si pensò di essere vicini a un pieno riconoscimento giuridico: Romano Prodi promise il matrimonio egualitario, in campagna elettorale, ma poi decise di assecondare l’ala cattolica e conservatrice della sua coalizione e del suo elettorato, anziché quella composta da gay, lesbiche, trans e, più in generale, quella progressista e laica, dunque smorzò in favore dell’unione civile, affossata tuttavia in parlamento.
Dalla prospettiva giuridica liberal-democratica – e la nostra, ci piaccia o meno, è una liberal-democrazia – la mancata estensione dell’accesso all’istituto del matrimonio alle coppie non eterosessuali da parte dello Stato è una discriminazione non giustificabile se non facendo ricorso ad argomentazioni apertamente omo-lesbo-trans-fobiche e sessiste, come infatti accade. Argomentazioni che, tuttavia, siamo ormai perfettamente in grado di decifrare. È una discriminazione sia dal punto di vista della libertà (la libertà di sposarsi con chi si vuole) sia dal punto di vista dell’eguaglianza, rispetto alle coppie eterosessuali. Eguaglianza non solo di tipo formale, ma anche di tipo sostanziale.
Giovedì 21 gennaio scorso eri a Parma a presentare l’edizione italiana dell’opera di Judith Butler Undoing gender (Fare e disfare il genere, Mimesis, 2014), assieme ai ragazzi del progetto GeneRiot. In quella sede hai giustamente sottolineato il fatto che un individuo con ingenti possibilità economiche attualmente può già ottenere (leggi: acquisire) delle garanzie, anche se non legalmente riconosciute. Qual è la differenza tra “chi può già” e “chi non può ancora”?
È molto raro che ciò venga detto, ma per quanto mi riguarda credo chequesto diritto dovrebbe essere riconosciuto anche e soprattutto per motivi di classe: le coppie gay e lesbiche più povere sono doppiamente discriminate, rispetto a quelle più abbienti, in quanto alla discriminazione formale si somma quella sostanziale derivante dal fatto che alcune questioni di primo piano, come la proprietà o le successioni, devono essere regolate per vie privatistiche, e ciò comporta oneri e costi che ricadono interamente su singoli doppiamente vulnerabili. Dal punto di vista giuridico, insomma, c’è poco da discutere, per ragioni indipendenti.
Tale discriminazione giuridica potrebbe essere emendata solo dall’universalizzazione del matrimonio. Deve essere chiaro, infatti, che là dove si introducano strumenti alternativi ad esso, quali che siano gli appellativi e le peculiarità – patto civile di solidarietà (PACS), unione civile, formazione sociale specifica, unione domestica registrata e così via – è in gioco la non volontà di scardinare il privilegio della coppia eterosessuale unita in matrimonio, con tutto ciò che tale privilegio comporta non solo sul piano economico e legale, ma anche sul piano simbolico, dell’immaginario e del più vasto ordine sociale. Non bisogna sottovalutare, in ogni caso, che lo strumento alternativo può prevedere alcuni vantaggi, come ad esempio la maggior snellezza delle procedure in caso di scioglimento della relazione, che invece le coppie unite in matrimonio devono affrontare attraverso l’iter della separazione e del divorzio.
Se tutto ciò fa parte di considerazioni di ordine giuridico, e dunque di doveri dello Stato nei confronti dei cittadini, da una prospettiva politica resto dell’idea che lottare per il riconoscimento legale, che sia attraverso il matrimonio o attraverso l’unione civile, significhi confermare e perpetuare il privilegio della concezione eteronormativa della coppia – etero o omosessuale – rispetto ad altre forme di unione, non necessariamente diadiche, che siano di tipo affettivo, amoroso, sessuale, amicale, di sostegno reciproco o di parentela. Significa, inoltre, perpetuare l’assunto in base al quale molti altri diritti (quelli già citati in materia di proprietà e successioni, ma anche quelli in materia di adozione e di accesso alle tecniche di procreazione assistita) possano essere accordati solo attraverso il riconoscimento formale di una coppia. Significa, in altre parole, perpetuare una gerarchia tra le forme di unione che possono ambire alla riconoscibilità e quelle che, sprovviste dei requisiti necessari, sono condannate all’illeggibilità. Ma significa anche far passare in secondo piano i contenuti decisamente più ampi dei movimenti gay, lesbici, trans e queer, come ad esempio il diritto al reddito, alla casa, al welfare, in assenza dei quali è davvero difficile pensare a forme di affettività, di sessualità, di famiglia, di genitorialità che siano libere e autodeterminate.
Queste, e molte altre, sono le obiezioni che alcuni collettivi transfemministi e queer, come il Lab Smaschieramenti e la Favolosa Coalizione di Bologna, o le Ambrosia di Milano, hanno portato nelle affollate piazze di ieri. E queste sono le obiezioni, minoritarie e radicali, alle quali occorre prestare ascolto, non certo quelle dei fascisti o dei cattolici.
Da un lato il modello proposto rimane dunque “eteronormativo”, dall’altro la totale mancanza di tutele attuale è una condizione insostenibile: come si risolve questo cortocircuito?
Non sono sicuro di avere una soluzione. Penso che si possano portare avanti entrambe le istanze, sia quella del riconoscimento giuridico di unioni che già esistono nella nostra società e che si trovano ad affrontare problemi materiali derivanti dal mancato riconoscimento, sia quella della trasformazione degli assetti eteronormativi della società.
Ciò sarebbe indubbiamente più semplice se si smettesse di considerare la prima istanza come l’unica possibile, mentre la seconda alla stregua di qualcosa di utopico, di secondario o, più verosimilmente, di ridicolo.Riportiamo al centro del discorso il fatto che ogni giorno, in moltissimi modi, consci e inconsci, educhiamo bambine e bambini ai generi distinti ed eterosessuali, e che ciò preclude fin da principio una quantità infinita di altre possibilità di esistenza e di relazione, oltre il “due” della coppia, che poi è il “due” della differenza sessuale da cui tutto continua a dipendere. Capiamo che c’è una distinzione abissale tra la lotta all’omo-lesbo-trans-fobia e la critica dell’eteronormatività. Insistiamo sul fatto che non si tratta solo di capire cosa fare delle persone e delle coppie non eterosessuali o come prevenire o lenire la violenza – simbolica e materiale – nei loro confronti, ma che si tratta di capire che l’eterosessualità è una forma di vita e di relazione egemonica ed è imperiosamente riprodotta, e che è esattamente in ciò che consiste il nostro problema. Le assicuro che siamo davvero in poch* a crederci.
In una lotta per l’uguaglianza che passa attraverso il riconoscimento statale dei diritti, quali sono i rischi di strumentalizzazione del concetto di amore?
Chiedere eguali diritti significa lottare per l’eguaglianza di fronte alla legge. Il motivo per il quale si lotta per questa eguaglianza può essere l’amore che si prova nei confronti della propria compagna o del proprio compagno, tra gli altri, ed è senz’altro uno dei motivi più forti. Penso anche, però, che occorra contrastare nel modo più fermo quelle strumentalizzazioni del concetto di “amore” specialmente quando ciò significa stabilire quali amori contino e quali no o, addirittura, quali siano “veri” amori e quali no. Si pensi ad esempio alla formula Un paese civile protegge l’amore, impiegata dall’Arcigay per la campagna #SvegliatItalia. O si pensi allo slogan Love Wins, usato dall’amministrazione statunitense in occasione del riconoscimento del matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti, o allo slogan Equal Love, usato invece dal governo australiano. Mi verrebbe da domandare: l’amore che conta e che “vince” è dunque quello riconosciuto dallo Stato? Quali requisiti occorrono per essere “protetti” dal “paese civile”? Si tratta di quello stesso “paese civile” che già protegge il familismo, l’omo-lesbo-trans-fobia e il razzismo? Si tratta di quella stessa “civiltà” che Libera Voler, in un articolo lucido e politicamente centrato, ci ricorda essere «una parola d’ordine attraverso la quale le retoriche dei diritti sessuali servono a costruire l’immagine di una nazione progressista e moralmente superiore rispetto a stati con leggi e legislazioni diverse e discriminatorie nei confronti delle persone LGBT»?
Tali strumentalizzazioni dell’amore sono ovviamente forme dipinkwashing, e dovrebbero essere rigettate, anziché abbracciate con estrema devozione, da chiunque abbia un po’ di coscienza critica. Non bisogna sottovalutare, infatti, la loro efficacia nel lavorare al servizio di un’unica egemonica concezione dell’amore, invisibilizzando tutte quelle forme di amore che emergono ai bordi dell’intelligibilità, tutte quelle forme di amore che emergono in seno a una rottura di ogni orizzonte normativo, innanzitutto di genere, di orientamento sessuale, di abilità corporea.
Lottare per il riconoscimento giuridico della coppia non necessariamente significa lottare per l’amore. L’amore è una questione politica, non giuridica, forse la più politica delle questioni possibili.Lottare per la trasformazione delle cornici di intelligibilità dell’amore, piuttosto, fa un tutt’uno con la lotta contro l’eteronormatività.
da: http://thebottomup.it/2016/01/24/amore-politica-intervista-federico-zappino-unioni-civili/
SVEGLIATITALIA
#SVEGLIATITALIA Fai il primo passo verso l’uguaglianza
In occasione della discussione in Senato del ddl sulle unioni civili, le associazioni LGBT nazionali (Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit) hanno indetto una manifestazione nazionale capillare nelle principali piazze italiane, per la giornata del 23 Gennaio 2016.
A Milano l’appuntamento è in Piazza della Scala, h 14.30
Noi collettive queer-trans-femministe di Milano ci saremo perchè ogni battaglia per allargare i diritti è anche una nostra battaglia e per dire che vogliamo molto di piu del ddl Cirinnà.