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Dossier. Sguardi puntati su Expo. Per nutrire un confronto politico

copertina_dossier-204x300è uscito Sguardi puntati su Expo, un dossier che indaga l’esposizione universale da un punto di vista situato e incarnato: tra le altre ha scritto anche Ambrosia!
qui trovate la presentazione del dossier, l’indice e il nostro intervento.

il dossier completo lo trovate qui: Eleonora Mineo e Gea Piccardi, Sguardi puntati su Expo. Per nutrire un confronto politico, Iaph Italia, 2015
Grazie a Gea e Eleonora per il loro lavoro!

Di fronte all’evento Expo2015 – un evento che produce discorsi e narrazioni non solo attraverso la retorica sul cibo, ma anche, e forse soprattutto, attraverso le modalità di organizzazione del lavoro, della condivisione, della partecipazione, del pensiero – abbiamo scelto di prendere parola.

Lo abbiamo fatto, e abbiamo invitato le autrici di questo dossier a farlo, nella prospettiva della differenza, ovvero forti delle competenze accreditate dall’esperienza e certe dell’autorevolezza della parola che scaturisce dalla consapevolezza del proprio essere incarnate, con uno sguardo sul mondo che sappia tener conto dell’intreccio di relazioni in cui siamo e che ci chiama a dirne qualcosa, per farnequalcosa.

Le autrici hanno risposto al nostro invito, ciascuna secondo il proprio sentire, ciascuna con una propria specificità, anche distanti le une dalle altre, ma mettendo in luce dei punti distinti che insieme si tengono e delineano un contributo unico, di ampio respiro, aperto in più direzioni.

Abbiamo deciso di prendere parola perché abbiamo molto da ridire, su Expo e le sue contraddizioni, ma soprattutto su una differenza che dà forma al mondo, da dire ancora e ancora.

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No Expo Pride: né normali né sfruttate, tantomeno strumentalizzate (tira sempre più un casco che un pelo di fica)

07Siamo parte della rete NoExpoPride e numerose abbiamo partecipato al corteo che si è snodato nelle strade di Milano in occasione della MAYDAY NoExpo.

Abbiamo riempito quelle strade con le nostre parole e i nostri corpi, convinte che una visione non mainstream sui generi sia fondamentale all’interno di un movimento che si batte contro la
devastazione e saccheggio dei territori, contro la precarizzazione selvaggia, contro la negazione dell’accesso ai servizi e ai diritti fondamentali.

Siamo state in piazza, quindi, con le nostre modalità, con i nostri corpi liberati e queerizzati, con boa fuxia e ombretti glitter, con vagine giganti di cartapesta che abbiamo fatto squirtare sui muri di alcune chiese, in un parossismo di tutto quanto ci viene quotidianamente negato: la libertà autodeterminata dei nostri corpi. Rivendichiamo e proponiamo una pratica orizzontale e condivisa di percorsi che si incontrano e
costruiscono insieme.

Questo è il contenuto della nostra pratica politica e questo ancora una volta ci viene negato da Expo con la sua visione della donna funzionale solo a procreare e nutrire il pianeta, con il suo utilizzo opportunista e strumentale delle soggettività omosessuali a fini esclusivamente economici, e allo stesso tempo con il patrocinio alla predicazione omofoba leghista e fanatico-cattolica.

Per questo rivendichiamo la nostra rabbia, che si esprime anche con la forza erotica, gioiosa e passionale dei nostri corpi in corteo, riappropriandoci collettivamente delle strade e delle piazze della città, tessendo relazioni e costruendo legami, con cura e con l’attenzione di andare avanti insieme, senza lasciare indietro nessuna.

Oggi ci troviamo a fare un bilancio, sapendo che in quella piazza sono state messe in atto pratiche che come primo, e per ora unico, effetto hanno ottenuto quello di neutralizzare la complessità del nostro messaggio e del percorso che ha dato vita a quella mobilitazione, e in questo senso ci sentiamo di dire che l’ha sovradeterminata. Responsabiltà dei media? Si, certo. Ma anche di chi sapeva che sarebbe successo e ha agito ugualmente.

Noi froce lesbiche trans femministe rifiutiamo la riduzione del conflitto alla logica del “grande evento” da dare in pasto ai media nella società dello spettacolo o alla competizione tra ceti politici più o meno rivoluzionari.
Per noi, il conflitto è invece una pratica quotidiana che politicizza interamente le nostre vite e i nostri corpi, che tende alla costruzione di relazioni sociali diverse fuori e contro il sistema capitalistico, che si nutre di gesti che desiderano allargare il consenso e le possibilità di soggettivazione politica, invece che restringerlo a “stili di militanza” insostenibili per l’ecologia dei nostri corpi e per le nostre vite massacrate dalla precarietà.
Non sarà la sovradeterminazione di pratiche testosteroniche, né l’indignazione da divano di chi giudica senza partecipare a fermarci, né tantomeno quella dei media e del potere costituito che è andato a nozze con uno scenario amplificato e strumentalizzato.

Andiamo avanti, e lo facciamo a partire dalla totale e incondizionata solidarietà alle/agli arrestate/i post corteo, perchè il carcere non lo auguriamo a nessuno, consapevoli che non può che devastare le vita e produrre sempre nuovo dolore. scegliamo di dissentire, però, riprendendoci quello spazio politico oggi oscurato dal fumo del machismo e dai media, continuando ad occuparlo e trasformarlo con i nostri peli, i nostri corpi e le nostre parole che hanno l’ambizione di partire da sé per iniziare processi di cambiamento che portiamo avanti sia all’interno dei movimento che della società, con costanza e pazienza.

Rilanciamo quindi con forza i prossimi appuntamenti che ci siamo date
da tempo:

17 Maggio: in occasione della giornata internazionale contro l’omo-transfobia: PASSEGGIATA GAIA e Assemblea Pubblica Milanese. Le strade saranno libere solo quando ce le riprenderemo. Attraverseremo delle strade rese insicure dalla politica securitaria e militarizzante del territorio. I nostri corpi queerizzati le libereranno con una presenza colorata e favolosa.

20 GIUGNO: NO EXPO PRIDE! Parata queer attraverso le strade milanesi. Il nostro diritto ad autodeterminarci rivendicato con un serpente queer. Contro il pink washing di women for expo, contro la gay street contro ogni ghetto e costrizione che ci impedisca di accedere a una vita libera e a diritti riconosciuti.

Froce, lesbiche, trans e queer della Rete NoExpoPride-Milano

Collettivo Shora
Collettivo Lucciole
Collettivo Ambrosia
Collettivo Bicocca

noexpopride.noblogs.org

 

 

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NÉ NORMALI NÉ SFRUTTATE! Appello per una mobilitazione frocia, femminista e queer contro Expo 2015

10458156_740721346024135_6502754561966180213_nExpo2015 non significa solamente cementificazione, mafia e investimenti di ingenti capitali (pubblici) a fini di guadagni (privati). Expo 2015 è l’alibi per giustificare e mettere in campo, da una parte, modelli di ridefinizione del mondo del lavoro, e dall’altra, modelli di controllo e normalizzazione della popolazione. Governo, comune, regione e società private, inclusi i grandi sponsor nazionali ed esteri, sono consapevoli che i propri guadagni si consolideranno dal giorno dopo la chiusura dell’Esposizione Universale a Milano, quando ognuno di essi metterà a bilancio i vantaggi sia politici che economici che Expo avrà loro consegnato.
All’interno del meccanismo di raccolta di consenso che Expo tenta di imbastire attorno a sé, con propaganda e promesse subdolamente efficaci, come collettivi di genere ci interessa soffermarci e capire il significato che assumono la campagna WomenForExpo e la costruzione della GayStreet milanese.

WomenForExpo
Questo progetto coinvolge Comune, Provinica, Regione, Expo SpA, Ministero dell’Economia e delle Finanze e grandi sponsor privati, oltre ad associazioni e realtà femminili e di donne, per lo più legate a quel femminismo della differenza tanto potente in Italia.
WfE è la “quota rosa” di Expo, si avvale di una potente struttura burocratica ed economica, e propone l’immagine di una donna che trova in Expo il proprio posto in quanto imprenditrice, cittadina europea e del mondo,e soprattutto madre, quindi “naturalmente” votata al prendersi cura, al cullare e al “nutrire il pianeta”. E’ un progetto che normalizza la condizione di oppressione delle donne, svelandola e infiocchettandola come fosse qualcosa da accettare e addirittura esaltare.
Da un lato si promuove la donna imprenditrice e di potere, sfruttatrice di altre donne e di altri uomini, e dall’altro si accentua l’oppressione di tutte le altre donne, giustificandola con la “vocazione” alla maternità e alla cura, per impedire qualsiasi rivendicazione di libertà e parità, del resto impossibile in una società che divide per sfruttare meglio. Miliardi di donne che lavorano ogni giorno nei settori dell’alimentazione e della cura non troveranno in Expo nessuno spazio, anzi: si confermerà, tramite lo schiavismo mascherato del “volunteering” e del lavoro precario, la condizione di sfruttamento doppio a cui oggi le donna sono sottoposte.

GayStreet in via Sammartini
Il Comune di Milano ha deciso di ripulire via Sammartini (adiacente alla Stazione Centrale) dalla microcriminalità mettendo in atto politiche securitarie e di controllo, per poi colorarle di rainbow. Telecamere, chiusura del traffico e presenza permanente di polizia locale vorrebbero permettere al turismo (u)omosessuale di Expo di trovare in quella via una risposta commerciale. L’intento – dichiarato – è di puntare a incrementare le cifre del turismo omosessuale e del mercato “pink”. Viene proposto l’unico modello di omosessuale gradito ed integrabile, normalizzato, maschile e di classe media, escludendo completamente i soggetti lgbit*q che non rientrano negli stereotipi accettati socialmente o che non risultano essere utili alle logiche di mercato.
La decisione della costruzione della GayStreet, calata dall’alto e rivolta al turismo e non alle cittadine e ai cittadini milanesi, ci toglie ogni possibilità di autodeterminazione sulla città che viviamo e nella quale subiamo ancora quotidianamente l’esclusione, la discriminazione, l’omofobia.

Sebbene i due progetti abbiano consistenze diverse, sono entrambi accomunati dall’utilizzare le nostre identità e i nostri corpi in nome del profitto, e propongono la sussunzione delle nostre rivendicazioni e delle nostre lotte all’interno di un processo sociale e politica, sempre più escludente, maschile e razzista. La quota rosa di Expo e la GayStreet risultano essere dispositivi di normalizzazione e di reclusione all’interno di spazi fisici e politici, che, vantandosi di essere progetti progressisti, tentano di nascondere lo stato dell’arte dei percorsi di smantellamento dei diritti nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità e del welfare, e l’assenza di ogni tipo di diritto per i soggetti lgbit*. Rifiutiamo i modelli di donna e di omosessuale che ci propongono e ci impongono, e distruggiamo i discorsi che la società “per bene” fa in nome nostro e dei nostri desideri.

Invitiamo per questo tutte le singole, le realtà e le collettive femministe, froce, queer, trans, intersex ad un’assemblea nazionale a Milano il 14 Dicembre, per discutere e analizzare collettivamente la consistenza di questi due progetti, e per costruire insieme una mobilitazione nazionale femminista e queer contro Expo e le sue omo/femo-normalizzazioni.

Ci vogliono normali ci avranno ribelli!
Ci danno una strada, ci riprendiamo la città!

Milano, 14 Dicembre, ore 10:00 a RiMake, ex BNL, spazio recuperato in via Astesani 47 (MM3 Affori FN)

Collettivo femminista e lgbit* Le Lucciole, Ambrosia, Collettivo femminista Shora, Donne nella crisi

Per adesioni, informazioni e ospitalità: lucciole@autistiche.org ambrosia.milano@gmail.com

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