Quasi come “Il Gender”, il DDL Cirinnà fa discutere, spesso e volentieri, a sproposito.
Miti e leggende si susseguono, moniti, anatemi, preghierine.
Una cosa sola è certa: quasi nessuno, a parte probabilmente le persone direttamente interessate, lo ha letto e sanno davvero, nel merito, di cosa tratta.
Noi vorremmo fare un po’ di chiarezza sul punto e, ovviamente, dire la nostra.
Crediamo quindi sia importante, prima di tutto, capire quali siano i temi fondamentali del disegno di legge oltre, ovviamente, esprimere la nostra opinione.
Per cominciare, la legge in discussione non riguarda solo le unioni civili omosessuali, ma è anche la prima legge italiana che prova a disciplinare la convivenza tra persone; siano esse eterosessuali o omosessuali. Dunque questa è una legge che riguarda tutti.
Il DDL infatti, è diviso in due capi:
* il primo capo tratta le unioni civili solo per le coppie same sex, ha cioè il proposito di introdurre nell’ordinamento italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Il testo stabilisce la netta separazione semantica tra “nuove” unioni e matrimonio, introducendo, di fatto, un nuovo istituto di diritto di famiglia.
Vengono poi disciplinate le modalità per la costituzione delle unioni civili, diritti e doveri delle parti, le cause di impedimento, l’estensione delle disposizioni in materia di diritti successori dei coniugi e si stabiliscono, infine, le condizioni per lo scioglimento dell’unione.
* Il secondo capo stabilisce i contratti di convivenza per coppie etero e omosex.
Definisce la convivenza di fatto indipendentemente dall’orientamento sessuale della coppia; stabilisce doveri di reciproca assistenza, diritti di permanenza nella casa comune di residenza, l’obbligo di mantenimento in caso di cessazione; parifica i diritti del convivente superstite a quelli del coniuge superstite; spiega le cause di nullità del contratto di convivenza.
Le questioni fondamentali trattate dal DDL sono sostanzialmente 5:
1.Unione civile per le coppie omosessuali
Le coppie composte da persone dello stesso sesso, come anticipato, potranno usufruire di un nuovo istituto: l’”unione civile”, che avverrà di fronte a un ufficiale di Stato e alla presenza di due testimoni e verrà registrata nell’archivio dello stato civile. Le coppie composte da persone dello stesso sesso non verranno chiamate “famiglie”, bensì qualificate come “specifiche formazioni sociali”.
2. Step child Adoption
Con questa espressione, che quasi nessuno in Parlamento sembra in grado di pronunciare, si indica la possibilità di adozione del figlio del coniuge. È necessario il consenso del genitore biologico e l’approvazione del Tribunale per i minorenni che stabilisce, caso per caso, se l’adozione corrisponde all’interesse del figlio.
3. Cause impeditive
Il decreto Cirinnà prevede una serie di fattori che potranno impedire la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, ad esempio l’interdizione di una delle parti per infermità mentale o la sussistenza di un vincolo matrimoniale o di quello derivante da un’altra unione civile.
4. Diritti e doveri
Il DDL Cirinnà introduce una serie di diritti e doveri reciproci delle parti dell’unione civile tra cui l’obbligo alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Tali diritti e doveri sono regolamentati dal codice civile.
5. Reciproca assistenza
La situazione giuridica dei conviventi di fatto si avvicina a quella delle coppie sposate: vengono riconosciuti diritti di assistenza sanitaria, carceraria, unione o separazione dei beni e reversibilità della pensione.
Nel dibattito pubblico questo Disegno di Legge è stato fonte di grande confusione e gravi fraintendimenti, chiariamo quindi tre concetti:
a) L’adozione del figlio del coniuge non è una novità: esiste dal 1983 (L. 184/1983). Semplicemente, tramite il DDL Cirinnà verrà estesa anche alle coppie omosessuali. (Bambini dunque già esistenti e attualmente privi di tutele).
b) Il disegno di legge non tocca il tema della adozioni tout court da parte delle coppie omosessuali, né da parte di single. Rimane esclusa l’applicabilità dell’istituto dell’adozione. Per le coppie dello stesso sesso unite civilmente non sarà possibile, quindi, adottare bambini che non siano già figli dell’altro o altra componente della coppia.
c) La legge NON tratta il tema dell’utero in affitto, in Italia la pratica dell’utero in affitto è proibita e resta tale come disciplinato dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita (legge n. 40/2004).
Fare chiarezza sui contenuti del DDL Cirinnà ci sembra fondamentale per una ragione ben precisa: spazza via metà del dibattito pubblico italiano intorno a questo tema, un dibattito fazioso e strumentale.
Fatto questo possiamo ragionare insieme sulla portata politica, sull’efficacia, l’urgenza, la bontà di questa proposta di legge; possiamo dividerci, litigare o concordare sui contenuti, su quanto di più o di meno si sarebbe potuto fare, ma non si può e non si deve prescindere da questi punti fermi di analisi del testo.
Non siamo entusiaste del DDL Cirinnà, pensiamo che sia il minimo indispensabile e ci auguriamo venga approvato solo perché attualmente in Italia siamo in una situazione di vuoto legislativo in cui non esiste nessun diritto per le persone omosessuali. Questa consapevolezza però, non ci annebbia la vista rispetto ai limiti di questa legge che, se approvata, molto probabilmente disciplinerà le nostre vite per altri decenni. Come già accaduto in passato (legge 194/1978, legge 40/2004).
Il DDL sancisce per legge una disuguaglianza tra persone omosessuali e persone eterosessuali: gli eterosessuali si uniscono in matrimonio e creano una famiglia, gli omosessuali si “uniscono civilmente” e creano una “specifica formazione sociale”.
Questo significa semplicemente che a seconda dell’orientamento sessuale si è incanalati in un istituto, quello del matrimonio, o in un altro, quello dell’unione civile su base meramente biologica. Il bisogno di creare ex novo un istituto nell’ordinamento italiano appositamente per le coppie dello stesso sesso ci fa sorridere e mostra tutta l’arretratezza delle Istituzioni di questo paese. Va dunque fatta una considerazione sulla “sessualizzazione” da parte dello Stato, crediamo infatti che il diritto a unirsi dovrebbe prescindere dal sesso dei contraenti e dalla relazione (o la mancanza di relazione) sessuale che essi intrattengono (o non intrattengono) fra loro.
Uno Stato laico e moderno dovrebbe astenersi dal mettere il naso nelle mutande e fra le lenzuola dei propri cittadini, si dovrebbe limitare a normare e definire diritti e doveri reciproci di due – o più – persone che decidono di organizzare la loro vita in comune.
Questa proposta di legge, che è stata vista come il male assoluto dalle forze medievali del nostro Paese, pone in realtà ancora grossi problemi di uguaglianza.
In ogni caso, in virtù di questa unione, le coppie same sex non verranno chiamate “famiglie”, bensì qualificate come “specifiche formazioni sociali”. Che suona tanto come categorie sociologiche sotto osservazione.
È ancora lo Stato che si arroga il diritto di stabilire quale composizione sociale meriti il nome di famiglia, è ancora lo Stato che dispone etichette su ogni agire sociale, pensando di poter scegliere le più adatte definizioni. Questo governo, che si appresta oggi, forse, a varare una legge che il resto dell’Europa ha già superato, si pensa innovatore nel concedere diritti alle coppie omo, stando ben attento a non chiamare famiglia quella specifica formazione sociale.
Eppure, se le leggi sono lo specchio della società nella quale sono inserite, queste scelte legislative risultano ancora più incomprensibili. La società è chiaramente pronta, le persone sono pronte, le strade sono pronte. È palese che esiste un freno invisibile posto dal Vaticano e l’Italia, si sa, risiede nella sua provincia.
Nella quotidianità, l’unione civile voluta da questo DDL non è certo una rivoluzione. Quello a cui noi invece puntiamo è un pieno riconoscimento del diritto d’affetto al di là del legame legale.
Il disegno di legge prevede che due persone, con un legame di coppia, che vivono insieme sotto lo stesso tetto, automaticamente e indipendentemente dalla loro volontà, abbiano gli stessi diritti dei coniugi per quanto riguarda le visite in carcere, in ospedale e l’accesso alle informazioni sanitarie. Non ci interessa che la nostra giornata venga normata. In virtù di una non meglio specificata garanzia, rinunciamo a ciò che di più importante ci è rimasto: la libertà di scegliere. Scegliere con chi impegnarsi, scegliere quale valore dare alla propria relazione.
Non si discute di matrimonio o unione civile, bensì della scelta che si ha l’opportunità di compiere in merito all’amore per una determinata persona, o più persone perché no.
Il DDL Cirinnà è una mediazione a ribasso anche per tutta quella parte della comunità lgbtqi che per anni ha chiesto il matrimonio egualitario costruendo campagne di sensibilizzare dell’opinione pubblica basate intorno al concetto di rispettabilità delle coppie omosessuali, campagne che hanno invocato il concetto di italica civiltà.
Come collettive queer trans femministe ci troviamo molto distanti da questo modello, quello dalla famiglia tradizionale basato sulla divisione dei generi in maschile/femminile. Sperimentiamo infatti ogni giorno, sulla nostra pelle, la molteplicità delle relazioni all’interno delle quali ci muoviamo, gestiamo la complessità delle nostre preferenze sessuali e delle nostre identità di genere che sono e restano incatalogabili. Rivendichiamo la possibilità di vivere una sessualità e un’affettività libera e fluida e vogliamo tutele sociali ed economiche che ci permettano di farlo, abbiamo bisogno di essere indipendenti e di autodeterminarci e per fare questo chiediamo un reddito minimo garantito. Vogliamo essere libere di scegliere come riprodurci e come gestire i nostri uteri e la nostra genitorialità, vogliamo essere riconosciute e tutelate in quanto soggettività e non in quanto facenti parte di una coppia. Troviamo infatti assurdo che la riconoscibilità sociale e la rispettabilità passino attraverso il concetto di coppia monogamica e duratura e non attraverso il valore dell’Individuo che costruisce relazioni d’amore, cura e sussistenza.
Quello di cui abbiamo bisogno è di non venire sovrastati da tempi di lavoro totalizzanti ma di poter gestire il nostro tempo liberamente.
Quello che ci auguriamo è che questo decreto legislativo, oltre a varare la tutela e il riconoscimento di tutte le coppie, sia il primo passo verso una nuova politica che in nome dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia sociale tuteli e riconosca tutte le forme di affettività.
Insomma, vogliamo #moltopiùdicirinnà!
Collettivo Ambrosia