(pubblichiamo in contemporanea su Milano in Movimento)
Dal 19 al 22 settembre a Milano si è svolto il IX convegno mondiale di endocrinologia pediatrica. Contemporaneamente si sono tenute le prime manifestazioni intersessuali in Italia, per denunciare le mutilazioni sui neonati intersex che questi medici ancora consigliano.
Il 18 settembre a Zam si è tenuta una serata informativa con Daniela e Markus di Zwischengeschlecht.org, un’associazione svizzera che da sei anni si occupa di intersessualità chiedendo con forza la fine delle mutilazioni genitali. È stata una serata densa di informazioni e di dibattito di cui è difficile rendere conto, ma ci proviamo perché crediamo che siano emersi molti spunti di riflessione.
Abbiamo appreso che uno o due bambini su 1000 nascono con genitali “atipici” o “ambigui”, ovvero intersex, ermafroditi, disordine dello sviluppo sessuale (DSD). Il 90% di questi bambini viene sottoposto a operazioni chirurgiche cosmetiche ai genitali medicalmente non necessarie e irreversibili e ad altri interventi invasivi. I sopravvissuti le considerano una grave violazione dei diritti umani e una mutilazione genitale occidentale – un punto di vista avvalorato da esperti internazionali, diversi gruppi ONU e comitati nazionali di Bioetica.
Dagli anni ’50 le “correzioni genitali” non necessarie sui bambini intersex sono praticate sistematicamente. In tutti questi anni i medici non sono mai stati in grado di produrre delle prove dei supposti benefici per i bambini. Ancora oggi i medici non fanno nessun follow-up, ma insistono con queste operazioni sulla base di prove esclusivamente aneddotiche. Non esistono statistiche precise e non esistono studi sugli effetti delle operazioni. Chi le ha subite denuncia la perdita delle sensazioni sessuali, la sterilizzazione forzata e i danni psicologici che derivano da una vita dentro e fuori dagli ospedali, continuamente sottoposti a controlli e continue operazioni per adeguare i genitali ad una presunta normalità e correggere gli errori di operazioni non volute.
Le motivazioni che i medici continuano a dare per giustificare queste operazioni sono di tipo psicologico: il bambin* verrà pres* in giro, la sua identità non sarà definita, avrà dei problemi dello sviluppo. E i genitori si trovano senza informazioni (perché dell’intersessualità non si parla), sottoposti ad una retorica che parla del “bene del neonato”, retorica alla quale è molto difficile sottrarsi. Autorizzano, quindi, le operazioni, ma si tratta veramente di “consenso informato”? Anche per questo servono associazioni che aiutino i genitori e che sensibilizzino l’opinione pubblica, anche per contrastare i continui casi di disinformazione – basti pensare agli articoli estivi sul direttore del San Camillo di Roma che “si vanta” del fatto che nel suo ospedale le operazioni sui neonati intersex siano cresciute del 50%. E servono leggi che tengano conto della presenza di bambini intersessuali: a questo proposito è stata citata la legge Svizzera, che assegna un sesso alla nascita, ma poi rende molto più semplici e accessibili le procedure per poterlo cambiare.
Quello che gli intersex rivendicano, infatti, è l’autodeterminazione sui loro corpi, la possibilità di scegliere se e quando operarsi e come, informati dei rischi e delle difficoltà e potendo fare una scelta consapevole. Combattono un processo di normalizzazione che si realizza in una vera e propria tortura, che adegua dei corpi a degli standard che producono sofferenze continue.
Il movimento intersessuale è un movimento giovane (in Italia praticamente inesistente) con delle rivendicazioni urgenti. Una delle paure forti di questo movimento è quella di scomparire e di non riuscire a far comprendere le proprie specificità. A Zam si è parlato molto di solidarietà GLBTQ e di colonialismo, due atteggiamenti che spesso si intrecciano. Gli intersex, infatti, denunciano come il movimento queer abbia usato e usi l’intersessualità come un caso emblematico per parlare delle contraddizioni del binarismo sessuale, spesso senza vedere e tematizzare le sofferenze concrete delle persone sottoposte agli interventi chirurgici. Il rischio che corriamo è quello di annettere l’intersessualità alle nostre lotte, piegandola alle nostre teorie e filtrando le parole di questi soggetti attraverso dei teoremi, armate delle migliori intenzioni, ma finendo per trasformare la nostra solidarietà in un colonialismo che allontana gli intersex dal loro scopo: fermare le mutilazioni genitali (ora, non quando avremo abolito i generi e il binarsimo!).
Quello che ci è sembrato dirompente della serata a Zam è stato l’emergere di una nuova soggettività, il prendere parola di chi spesso è rimasto in silenzio per i troppi traumi subiti e per la paura dell’emarginazione. Questa soggettività, con la quale veramente vogliamo essere solidali, ci costringe a mettere in discussione le nostre teorie e le nostre certezze, aprendo degli spazi di libertà e di ascolto. E questo è già un assaggio del mondo che vogliamo: un mondo aperto alle diversità, capace di accoglierle e di farsi modificare, senza ricondurre le vite, i corpi e le emozioni entro schemi prestabiliti.
Per approfondire:
http://stop.genitalmutilation.org/
http://www.intersexioni.it/category/intersex-2/